Per poter capire la provenienza, la diffusione e l’utilizzo di questo cereale è necessario raccontare un po’ di storia del nostro territorio.
UN PO’ DI STORIA
Ci troviamo a Dronero, in un paesino ai piedi delle montagne, al fondo di una delle valli occitane cuneesi, dove i prodotti alimentari principali, nel Medioevo, erano cereali quali segale, farro e orzo, oltre a castagne e rape.
Con la scoperta dell’America vengono introdotte in Italia nuove piante, come mais e patate, che vengono però utilizzate prevalentemente come mangime per pollame e animali da fattoria e per questo, non essendo riconosciuti come veri prodotti alimentari, non soggetti a decime o tasse. Ecco che allora, agli inizi del 1600, cominciano a comparire alcuni piccoli appezzamenti di questo grano “straniero” proveniente dall’America Latina, che arriva in Italia passando da Asia e Grecia e per questo chiamato Grano Turco.
E così si diffondono diverse varietà, ognuna con un gusto diverso: il Pignulet giallo, il Pignulet Rosso, l’Ottofile (chiamato così perché la pannocchia è costituita da, precisamente, otto file di chicchi), il Dente del Lupo (chiamato così per la forma del chicco, a punta come un dente) e molte altre, tutte ricche di ferro, vitamine e sali minerali.
Proprio per le sue proprietà, questo cereale, macinato e ridotto in FARINA DI MAIS, permette la realizzazione di un piatto semplice ma allo stesso tempo sostanzioso, una ricetta di montagna che le donne preparavano per gli uomini lavoratori che avevano bisogno di energia per poter lavorare: LA POLENTA.
Diventa quindi piatto tipico, anche se povero (perché realizzato solamente con acqua e farina più un condimento che in montagna molte volte era il formaggio realizzato in casa grazie al latte del bestiame) alla portata di tutti, tanto che, al Mulino della Riviera di Dronero, risalente alla fine del 1400 e costituito da una ruota idraulica, intorno alla metà del 1600 viene aggiunta una seconda ruota che, con la forza dell’acqua, aziona altre 2 coppie di macine, una ad uso esclusivo del mais.
LA MACINAZIONE
Le numerose varietà di grani antichi vengono macinate insieme per ottenere una miscela equilibrata e di qualità (l’Ottofile ha un gusto molto dolce, mentre il dente del lupo ha un sapore più amaro). Il chicco, una volta macinato, esce dal mulino sotto forma di farina, questa viene setacciata e si divide in POLENTA, ovvero la parte più grossolana, e in FUMETTO, ovvero la parte più fine adatta per la produzione di dolci, torte o biscotti: dolce tipico locale sono i biscotti di mais, in dialetto piemontese chiamate paste d’melia ed ecco svelata l’etimologia del termine melia (si può trovare anche detto o scritto il nome “meliga” che è semplicemente lo stesso italianizzato).
Queste via via vengono soppiantate dal mais cosiddetto “industriale” per il maggior rendimento ( 7-8 volte superiore ) e per il basso costo che ne consegue ( 1/8 rispetto ai grani antichi), a discapito però di sostanza e nutrimento: il mais industriale è costituito da un 90% di amido ed il restante parte vitrea contro il mais antico dove l’amido è il 10-20% e tutto il resto è parte vitrea ovvero sali minerali e sostanze nutritive.
Dato che al giorno d’oggi si fa molta attenzione a ciò che si mangia, alle etichette, alla provenienza e all’impatto ambientale… cosa c’è di meglio di un prodotto del territorio, tradizionale e naturale come quello di una volta?
LA COLTIVAZIONE e RACCOLTA
Le tradizioni, i mestieri e le abitudini di un tempo sono parte della nostra cultura, caratterizzano il nostro territorio e la nostra storia. Per questo è importante mantenerli in vita.
Indispensabile, per il mugnaio, saper martellare la pietra per poter macinare correttamente ma altrettanto indispensabile utilizzare una buona materia prima, e soprattutto locale. Grazie ad alcuni uomini, ormai anziani, che hanno continuato a coltivare questi cereali antichi, oggi possiamo avere semi da poter piantare e coltivare in nuovi appezzamenti per poter assaporare i sapori genuini di un tempo.
Dove cresce questo mais? Il suo ambiente ideale è la zona collinare/ semi-collinare dove il cereale assorbe l’acqua necessaria in completa autonomia senza dover ricorrere all’irrigazione (a differenza di quello industriale). Particolare attenzione va fatta per la distanza tra un appezzamento e l’altro di diversa tipologia. Infatti questa non deve essere inferiore a 500 m tra un grano antico ed uno industriale per evitare incroci e quindi la creazione di ibridi.
Quando? Generalmente si pianta a maggio e si raccoglie intorno a settembre/ ottobre
Come si raccoglie? Il metodo classico prevede che le pannocchie vengano raccolte a mano, successivamente scartocciate e poi, in gruppi di circa 10 pannocchie appeso e lasciato essiccare al sole, in modo naturale, creando così delle composizioni colorate d’altri tempi; in alternativa è possibile utilizzare degli essiccatoi per velocizzare il processo.
CONCLUDENDO
Ora che il mais non ha più segreti per voi, non vi resta che preparare un buon condimento mentre la polenta cuoce lentamente e gustarvi questo piatto unico pensando al viaggio che questo cereale ha fatto per poter esser sulla vostra tavola!
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2 Commenti. Nuovo commento
Sto usando il mais fumetto per i biscotti e dà risultati meravigliosi sia da vedere che da gustare, migliori del mais fioretto che trovavo qui in Veneto.
Bene Sara!
ci fa molto piacere! il nostro fumetto è ottenuto da mais della nostra tradizione come il pignoletto e l’ottofile; sapore e profumi ne rimarcano le differenze!
a presto
Katia